miei scritti pubblicati
IL DIAVOLO E LA PECORA GIALLA
di Marcantonio Bibbiani
IL DIAVOLO E LA PECORA GIALLA
Il diavolo è il "diavolo" e la pecora è la "pecora" ? ma se la pecora è "gialla"?!
CAPITOLO I
IL DIAVOLO ALLO SPECCHIO
Un bel giorno, anzi non proprio un bel giorno, ma un giorno in apparenza qualunque di un po' di tempo fa, mi alzai come sempre. Io quando mi alzo faccio la colazione, poi me ne torno in camera e riassetto il letto -fumo anche una sigaretta nell'intermezzo e lo dico con rispetto dei non fumatori-, quindi mi lavo davanti allo specchio che come l'Oracolo mi dirà se quella è, o non è, una buona giornata?
Anche quella mattina, come da copione, fatto tutto quel che dovevo in quel sonnolento e breve peregrinare da una stanza all'altra che si risolve nei dieci metri in andata e ritorno e mezzo fra la stanza da letto e la cucina, mi affacciai allo specchio sperando che avesse qualcosa di buono da offrirmi ... rimasi qualche istante in attesa ma ... ma era un?attesa senza precedenti: niente succedeva, nessuno si faceva vedere, nessuno diceva qualcosa, nessuno stranamente pareva interessarsi a me.
Ora devo precisare che il mio non è uno di quegli specchi ipertecnologici di adesso che appena ti vedono, come in un lampo si accendono, ti danno l'ora e le tue coordinate biologiche del mattino, e le previsioni a lungo termine per l'intera settimana! Certo che no!?il mio era ed è ancora -visto che poi come spiegherò più avanti non l'ho buttato e fa sempre parte del mio guardaroba personale- uno specchio a bassa tecnologia fatto di vetro e argento e anche un po' annerito, tutto sommato andante ma grosso modo funzionante. Vero è che qualche toccatina per scuoterlo un po' non se l'è mai fatta mancare, ma con consentita lentezza, almeno fino a quel momento, aveva sempre atteso allo scopo e qualcosa di buono e anche di cattivo, l'aveva azzeccato con grossolana approssimazione ma direi benevola intenzione.
Ebbene quel giorno ci volle un'intera mattina perché quella superficie piana prendesse un lume d'esistenza, per una forma più definita si andò al pomeriggio, e perché quella forma assumesse toni espressioni e l'intenzione che poi vi dirò, quasi non bastò l'intera giornata?ero quasi disperato per quel dì senza pronostico e senza meta e per quella proiezione nel vuoto che nulla di buono lasciava presagire.
Non eravamo a niente, niente di quello che mi si doveva dire e soprattutto niente di ciò che per volontà mia e del fato doveva succedere?
Ricordo con tagliente lucidità, infine, quella tanto attesa apparizione: una faccia mostruosa che era la mia, ma che non lo era, tutt'a un tratto si spalancò con definita ossessività da quella finestra aperta ?è proprio il caso di dirlo- sull'Inferno. La vista mi procurò un malore improvviso...Non era il cosa ma il come, o entrambe a ben dire, il volto era il mio ma qualcuno se ne era impossessato: le sembianze fuoriuscivano dal piano con una consistenza inconsueta e disuguale, si metteva a fuoco la figura solo in punto preciso perdendosi drammaticamente in una dispersione di fumi sui lembi scontornati della lastra; si scorgeva bene un occhio, una guancia si gonfiava come in una fitta rete nera, del naso si leggeva solo un contrasto d'ombra, un accenno di labbra dischiuse in smorfia, una distesa di capelli neri scivolava sulla superficie con minacciosa fluidità.
La pericolosa e beffarda espressione, l'occhio fisso infuocato, due quanto mai impossibili orecchie in forma di lancia che si facevano largo tra le giunzioni della cornice e un alone rosso fiammeggiante tutto intorno a contenere quella visione di angosciante impossibile verità non lasciavano dubbi su chi si fosse sì tanto improvvisamente quanto inaspettatamente affacciato sulla mia normale esistenza: il Diavolo in Persona!
A chi mi chiedesse altri particolari, come ad esempio, se la lingua del Diavolo sia oppure no "biforcuta" non saprei rispondere, le labbra carnose, appena discoste, lasciavano passare solo un sibilo di voce, quella si che la ricordo bene!... una modulazione meccanica e frusciante, un alito di vento metallico che con agghiacciante fermezza mi si levò contro e disse: "Domani ti alzerai da pecora, pecora lo sei già ma non te ne rendi conto,? non sarai una pecora qualunque, sarai una pecora gialla."
CAPITOLO II
IL RISVEGLIO DA PECORA
Ora si sa che la pecora è "pecora", un animale docile, onesto e lavoratore, un animale d'aiuto generoso e gentile, fedele nell'ubbidienza allo spirito di gruppo, alla propria destinazione finale, irremovibile nella convinzione di appartenenza alla specie! Qualità a tutti note ma come del resto accade per i difetti che tralascerò più per allontanare la tanto paventata quanto preannunciata riconoscibilità interiore che per filosofico rispetto dell'animale in sé. Ero già pecora e non me ne ero accorto, ero pecora dentro ma non ancora fuori ?mi aveva detto- questa l'afflizione più struggente?la più totale inconsapevolezza-consapevolezza dell'essere in un certo modo; la perdita assoluta dello status di persona?e la certo non esaltante assunzione allo stato animale. Mi trovavo, pare, nel bel mezzo del disagiato stato di mutante quando eri o credevi di essere, fino ad un istante prima qualcosa, o per meglio dire qualcuno, e stai per diventarne un?altra o qualcun altro tuo malgrado, nella drammatica ineluttabilità del destino...
Il sapore dell'erba non era poi così male, ma l'andare a quattro zampe, era una vera e propria sofferenza, per uno come me poi che aveva sempre sofferto di scoliosi! Quel procedere zoccolante da quadrupedi ?l?un-due tre-quattro? dell?avanzare e riguadagnare contatto e presa con la terra trascinandosi le membra nell?oscillante alternanza di un moto articolato che faceva sporgere prima una spalla, poi la prominenza di un femore, quindi l?altra spalla e poi ancora l?altro femore e così via di nuovo, era una mortificante vessazione; il dondolare continuo e stanco della testa, lo sguardo quasi schiacciato a terra nella visione di un mondo comunque più laterale che frontale non faceva che appesantire ulteriormente il passo ma soprattutto la fiacchezza dello spirito che pure sembrava non avermi abbandonato. Una cosa almeno mi pareva di avere guadagnato: un inconsueto ed inaspettato profumo d'erba, un odore pulito e fresco, un misto di aria e di natura che mi metteva assai stranamente appetito?e mi procurava dell'intenzione!
Dopo un bel camminare ?e brucare -tanto che mi sentivo lo stomaco gonfio come una palla e le mandibole stanche- mi apparve la visione che per uno nella mia condizione doveva essere di grande conforto: un gregge di pecore al ?pascolo assistito?. Mi commosse stupidamente una fugace idea di familiarità e di protezione, di democratica comprensione, di fraterna accettazione. Ahimé niente di tutto questo, evidentemente anche il mondo animale ha le sue ferree leggi e, fino ad allora ignote, discriminazioni: l'accoglienza fu tutt'altro che cordiale.
Le sentivo ridere a distanza.
La più anziana del gruppo, quella che doveva saperla lunga sulla vita e? sul colore, mi aggredì con una violenza verbale inaudita ed un?infinità di domande: ?Bee, beee beh, come puoi essere gialla? Da-doovee vieni? Chii-è il tuo pastore?..Uuna peecora non puooò-essere giallaaa!...Sarebbee un disonoree?. A questo ancora non ci avevo pensato, erano stati ben altri i miei pensieri fino a quel momento, e la storia dello specchio?, figuriamoci del Diavolo, avrebbe trovato sicuramente scarsa credibilità; mi affrettai a spiegare che? si trattava semplicemente di vernice ?senza scendere in dettaglio-, che avevo smarrito la via e non riuscivo più ad orientarmi. Ora se da un lato la mancanza di fiducia nel quoziente d?intelligenza di quell'animalità rappresentata in fattispecie dagli ovini, con rispetto parlando, da un lato mi faceva recuperare un po? dell'umanità perduta, dall?altro l?idea di tacere, di sentirmi numericamente debole rispetto al gruppo forte costituito, mi avvicinava proprio inevitabilmente ad un modo "pecoro" di affrontare la realtà delle cose e la mia? così singolare? situazione. Non detti molto ascolto alle altre parole dell'anziana, tranne il fatto che se avessi voluto ritrovare la strada avrei dovuto portarmi in alto e, meteo permettendo, chiedere l'aiuto ad una Nuvola passeggeri. Mi sarei schiarito le idee strada facendo.
Cominciava a scurire, le alture si scorgevano in lontananza; all'acqua di un ruscello mi fermai a bereeeee; tutta quell'erba e quel masticare mi avevano messo una gran sete, senza poi considerare la fatica fisica e lo stress di quell'interminabile giornata da pecora. Nell'oscurità sempre più impenetrabile fui quasi rassicurato dal giallo lucente della mia ?soffice immagine? riflessa, unica compagna di un confronto senza disagio.
CAPITOLO III
LA NUVOLA PASSEGGERI
Salire sulla Nuvola passeggeri mi mise di buon umore e mi riempì di narcisistico orgoglio; una nuvola tutta per me pronta a condurmi là dove volevo senza scali intermedi e con tutti i comfort del caso. Fu la nuvola stessa molto attenta ed intuitiva, devo dire, a chiarire prontamente, prima che mi esponessi troppo, che non si trattava di un trasporto eccezionale ma di un servizio navetta sociale molto diffuso, una sorta di bus di linea; ma che in quel periodo non c?erano molti passeggeri perché, nonostante tutto, la mobilità di cose e persone o animali ?per lei non faceva differenza- verso ?il paese del tutto è possibile? si era notevolmente ridotta per la crisi del mercato globale. Quello che era ancora più strano, mi diceva, che non soltanto la circolazione fisica si era quasi arrestata ma anche, cosa ben più grave, quella delle idee e delle intenzioni?
Per chi non ci fosse mai salito sopra bisogna dire subito che la nuvola passeggeri è una nuvola come le altre, fatta d?acqua e aria, ma con una particolarità: è a strati dal più al meno denso dal basso all?alto, e ci affondi fino a che non ti trattiene, sistemandotici sopra come meglio ti pare. La cosa ancor più bella è che la densità si perde poco a poco con te e sopra di te cosicché appena un alito di vento arriva a sfiorarti ad altezza di ?muso? -o almeno questo succedeva a me come pecora, se fossi stato giraffa, credo, le cose sarebbero andate diversamente-. Dopo aver provato diverse posizioni infatti, decisi che la cosa migliore era rimanere in piedi affondando a mezze zampe, come quando, si dice dalle mie parti, ?hai l?acqua in casa!? Potevo così guardarmi intorno e vedere quante razze di paesi ci sono e quanto tempo -di nuvola- le separa l?una dall'altra e? soprattutto da quella che era al tempo stesso la mia destinazione finale ed il mio vero punto di partenza.
Ai curiosi ed appassionati di volo vorrei regalare un dettaglio non trascurabile: anche scaletta e carrello si facevano su misura ?al momento? per mole ed altezza del passeggero, occorreva però salire e scendere uno alla volta; l'informazione fu svelata, su richiesta, dalla diretta interessata, dal momento che non avevo altri compagni di viaggio se non la Nuvola stessa.
Non fui preso dal dato, pur entusiasmante, del taciuto ?si parte?, ma dal ?telepatico? ?si vola?: forse diceva, o perlomeno sentivo che diceva, ?si vola, si vola sulla nuvola!??mentre io mi dicevo e ripetevo in silenzio "nuvola, nuvola vola, nuvola nu-vola via vola!"
Non aveva affatto l'aria di una comunicazione tecnica di volo, sembrava piuttosto una ben più profonda comunicazione interiore. Era uno stare di liberazione, di calma interiore, di leggera sospensione, di stabilità nel movimento? e di reciproca silenziosa intesa. Si stava l?uno sull?altra in un?impalpabile complice levitazione. Mi abbandonai sereno al crescente vuoto dei miei pensieri mentre il mio cuore si faceva via via più leggero e tutto nuovamente sembrava possibile?e quasi mi sentivo nuvola anch?io.
Si vedeva che aveva viaggiato moltissimo, quel non fare domande ma semplicemente intuire, quel dire senza proferir parola, quell?ascoltare rispettoso le parole non dette, quel suo modo di infondere sicurezza senza forzare, quel suo fare ? è proprio il caso di dirlo- accomodante ma controllato, quella capacità incondizionata di darsi con generosità senza interesse alcuno, la sicurezza mai ostentata di chi ha già avuto molto ed aiuta gli altri a correre verso la propria destinazione, a ritrovare se stessi, senza apparente coinvolgimento ma con fiduciosa condivisione?
La definirei un moderno ?angelo custode? -ben oltre il serale conforto dell?insegnamento religioso- un ?tutor? senza accademia, un partner ideale per la libera uscita laddove e quando veramente vorresti uscire liberamente.
Fummo subito amici, amici per sempre, amici per la vita,? stava portandomi nel posto giusto, lo sapeva e finalmente lo sapevo anch?io.
CAPITOLO IV
IL RITORNO ALLA NORMALITA' ... O QUASI
Il "Paese dove tutto si può" non si può certo definire un posto qualunque, sarò sempre debitamente grato alla Nuvola passeggeri per avermici portato. E? un posto dove le strade, le case, gli alberi, le cose e le persone,? tutto quanto insomma è fatto di intenzioni ed idee, ognuno le sue, in cosmica armonia. Ogni cosa è proiezione di intenti, destinazione di volontà quasi reale ma non ancora tale, pura fluttuazione di energia in cerca di soluzione? C?è chi potrebbe definirlo inutilmente inconsistente, privo di concreta identità, proiezione ideologica dell?io, mera fantascienza. Capisco bene che per chi avesse poca fede in sé e cercasse immediate risposte reali sarebbe sicuramente nel posto sbagliato ed anzi tutto ciò potrebbe apparire pericolosamente virtuale, ma per chi ci sta, ci vive, o anche soltanto per chi, come me, vi si trova semplicemente di passaggio, la bellezza delle cose, la luminosità, il colore di ciò che ti circonda, non sta nel dato di fatto in sé e per sé, che appunto non c?è, ma nella sua continua ricerca? la risposta, il dato appunto, verrà da sé. Ecco perché nel ?Paese dove tutto si può? ogni cosa è in movimento, un movimento di luce e di vibrazione, di magnetica animazione. E? come trovarsi immersi, è proprio il caso di dirlo, in un mare di contagiante elettricità e l?energia si sprigiona e si manifesta con la luce che corre non si sa dove ma sicuramente in una certa direzione. I lampioni, le auto, le case, perfino gli animali e le piante si illuminano e si spengono freneticamente come in un Lunapark per portarsi dove la necessità li chiama. E? per questo anche che non esiste una carta geografica che lo riporti, una mappa topografica del posto, né tantomeno segnaletica stradale, le cose stanno dove stanno, ma non si sa per quanto né come, potrebbero sparire da un momento all?altro per chissà quale destinazione.
Mi sorprendevano i visi illuminati delle persone, colori fluorescenti sconosciuti che invadevano ogni altra cosa necessariamente animata, cani, gatti, portoni di case, tetti?che apparivano all?improvviso, si accendevano e svanivano lasciandosi dietro una scia luminosa? e soprattutto certe gradazioni arcobaleno che si scorgevano praticamente ovunque dato che ogni cosa o persona traluceva in trasparenza sovrapponendosi alle altre nel policromo cinematismo di quell?esistenza. Anche i rumori che si odevano si componevano quasi melodicamente secondo uno spartito fluido e onnidirezionale, ed un sottofondo che avrei potuto definire di strumentazione ?elettrica?, ma che non lo era, pervadeva ogni cosa dando una connotazione ancor più futuristicamente fantastica e ridente.
Cercare lo specchio, il mio specchio dal quale tutto era partito, in mezzo a quella molteplicità in movimento non era impresa da poco, chiedere se era stato visto o se se ne fosse sentito parlare, ma a chi e da chi, visto che la permanenza di cose appunto, e persone, parrebbe là eccezione; eppure credevo ed in cuor mio speravo di essere nel luogo giusto anche perché altrove non avrei saputo dove. Eppoi anche l?idea di dover cercare per chissà quanto non mi metteva nient?affatto ansia; da quando ero arrivato nessuno si era curato di una pecora di colore giallo che se ne va tranquilla tranquilla per la sua strada; lì di colori ce n?erano un?infinità e di una scala cromatica tutta particolare? e ciascuno era così intelligentemente proiettato nella propria direzione che non gli sarebbe certo balzato in mente di perdere tempo in stupide domande. Decisi pertanto di non farne nemmen?io, se non rivolte ovviamente? a me stesso.
Se l?essenza delle cose e delle persone sta nell?identità più che nell?apparenza e nel cammino delle intenzioni ?e tutt?intorno ne avevo manifesta testimonianza- dovevo far leva su me e chiedermi chi ero, da dove venivo, e dove stavo andando. Il Diavolo m?aveva fatto pecora ma pecora certo non mi sentivo, potevo negli ultimi tempi essermi un po? indocilito -le bastonate del vivere quotidiano aiutano quella direzione piuttosto che altre, concedetemi una giustificazione- ma mi sentivo Persona, una persona con le idee in testa,? addirittura! Idee né buone né cattive, semplicemente le mie. Ora, nonostante il pelo lungo e giallo, nonostante la zoccolatura, la coda, la barba caprina, le orecchie penzole e tutto il resto, continuavo a ripetere a me stesso che pecora non ero, non ero, non ero.
Così ragionando tra me e me procedevo nella ?mia direzione? quando cominciai ad avvertire un formicolio crescente che m?invadeva poco a poco le membra, una sorta di elettricità interiore: un senso di tepore e di conforto mi accolse mentre, senza accorgermene, stavo riattraversando, questa volta in senso opposto, proprio la lastra dello specchio che mi si era fatta ?stranamente? innanzi. Era diversa: la superficie elastica si lasciava accarezzare e deformare dalla punta delle mie dita, la sentivo chiaramente mentre con leggera pressione mi aprivo un varco con le mani, una nuova fiduciosa consistenza mi riportava dolcemente alla vita.
Fu un attimo piacevolmente interminabile, un tremolio morbido si spandeva da quel primo contatto ai lembi estremi di quella lucida membrana che si posava su di me avvolgendomi come una bolla per richiudersi poi su se stessa al mio passaggio. Dire che ero incredulo è dire poco, non sono cose da tutti i giorni, almeno che uno sia nato astronauta, figuriamoci per una quasi pecora!
Quando l?ebbi completamente oltrepassata mi divertii a riscoprire finalmente me stesso nei pezzi grandi e piccoli della mia ritrovata fisicità; tutto quanto era, almeno così sembrava in primo esame, al suo esatto posto. La pecora di me era ormai lontana?svanita per sempre?
Rimaneva però, come constatai un istante dopo, un?indelebile traccia di ciò che era stato: le mani, le mie mani, erano pigmentate di un giallo primario che non aveva alcun naturale confronto. Rimasi più incuriosito che impressionato ?ormai ero avvezzo a certe stranezze!- poco male, pensai, in fin dei conti a me il giallo è sempre piaciuto!
A quanti si chiedessero che fine abbia fatto lo specchio, vorrei rassicurarli dicendo che è ritornato sulla parete di sempre e mi dà il ?quasi buongiorno? ogni mattina? credo anche il Diavolo, al quale tutto sommato devo della riconoscenza!
"SCATOLE MAGICHE"
ALLA CHIESA DELLA SPINA (PI);
Personale del 2007 - estratto dal catalogo della mostra
Argilla bianca, dim di base cm 26x15.5x55h, uso di tecniche varie (per plastica e pittura) partendo da una base unica in forma di scatola e dall'ispirazione di un'opera grafica a china, paesaggio giapponese. La "serie" comprende quattordici sculture e rappresenta un percorso teorico e tecnico di passaggio dalla grafica alla ceramica come pittura e scultura, nell'elaborazione "trasformista" della ripetizione di un simbolo grafico a stella che "si appresta" via via a diventare sempre più "scultura", vari richiami stilistici pescati nella memoria.
1 - PAESAGGIO GIAPPONESE
come ombre cinesi a ritagliare la ceramica, quasi carta; pagode, fiori di loto, corvi reali, sanpan e samurai giganti: è paesaggio giapponese.
2 - PAESAGGIO GIAPPONESE CON SOLE NASCENTE
paesaggio giapponese infuocato di Sole che mangia ogni cosa; giallo imperiale, rosso corallo, guizzi di cielo d'ambra sul mare di tartaruga.
3 - PAESAGGIO GIAPPONESE POP
lati d'umore imprevedibili, ruotanti e circolari attorno al mio essere; come questo movimento. C'è colore, c'è mezzo colore, c'è buio assoluto, c'è bianco fuori dall'io nero, oggi. Come un dado rotolo nel mio destino quotidiano.
4 - PAESAGGIO ARMONIA
armonia, cose in armonia tra loro e tra loro e me. Abbracciato a fili di seta e forme gonfie e lucide di rugiada e ceralacca, morbide. Non c'è più nessun paesaggio. Sono parte di questo... mondo, anch'io nell'universo. Stelle bianche di luce attraversano me e tutto quanto all?infinito.
5 - SAIGON
due scheletri bianchi d'ossa si aggirano tra le macerie, due come le nuove Lune di Saigon. La grande medusa sputa ancora meteore di fuoco, rossa e gonfia di sangue come un enorme fegato malato. Di piombo tagliente e ostile a me stesso, tutto è
morto fuori ma mi tormenta come se vivesse ancora malamente.
6 - LANTERNE ROSSE
carne sopra la carne e carne ancora sopra in mucchio. Fagoci mutanti, corpi d?uomini sugli uomini sempre più mostruosamente pieni di carne e di fame. Lanterne rosse, unici anfratti liberi, vuoti sottratti alla carne, alla mandibola spalancata di desiderio.
7 - L'ALBERO DELLE FARFALLE
da quest'albero nascono farfalle gialle; non hanno crisalide e si staccano direttamente dalla corteccia, prendono subito a camminare. Lasciano il vuoto che rimane come cicatrice di parto.
8 - MOON FLOWERS
fiori di Luna quando tutto si spegne e l'aria e la terra si riempiono della vita che non prende mai sonno o che dorme di giorno, o si sveglia come stordita credendo sia mattino presto. Quasi silenzio.
9 - CONVERSAZIONE CELESTE
arcadia mitica, conversazione celeste, castello di nuvole e angeli in consesso. E' Paradiso? Aureole allineate come nastri di monete d'oro, in fila come grani di rosario. Nudi, alteri e molli, angeli
10 - LA FINESTRA SUL CORTILE
"c'è una luce accesa a quella finestra, sapete chi ci vive?". "No, non chiedetelo a me, io non conosco nessuno; esco presto al mattino per andare al lavoro e torno tardi alla sera, proprio non so dire".
11 - LA CAGE DOREE?
ho comprato un uccelletto, mezzo canarino e mezzo pappagallo e l'ho messo in una gabbia tutta d'oro. Ha una stecca come trespolo, il mangime e l'acqua per bere, la vaschetta per il bagno; proprio non gli manca niente.
12 - L'ISOLA CHE NON C'E?
un mondo grande che si è fatto piccolo, un mondo piccolo che si è fatto grande; io grande che mi faccio piccolo, io piccolo che mi faccio grande. La verità sta tutta nel palmo di una mano.
13 - LA NUVOLA PRIGIONIERA
Sta, divincolandosi su una forma preordinata. Si contorce leggera in arrendevole fatica, vibra prodigandosi in riflessi di colore e ritagli d'aria. Veste funi come morbide trecce di lunghi capelli. La sua voce chiede:"libertà!"
14 - QUELLO CHE RESTA
dopo che tutto è passato ed è andato via lontano, quello che resta; la forma prima perfetta si è lacerata, aperta e rotta. Mostra nuda l'anima viva che pure è già un ricordo di lapide.
"RACCONTO DI SCULTURE"
sala Grasce Pietrasanta;
Personale del 2007 - estratto dal catalogo della mostra
Izha: la Bella Addormentata nel castello
Izha, bellezza celtica nascosta sotto il ghiaccio, come questa neve di smalto, come sotto vetro, invisibile, irraggiungibile e bellissima. Scivoli nel tuo castello d?infinita attesa e di dolce abbandono. Astro nel pozzo, sguardo riflesso e specchiato di luna, d?acqua e luce. Il tempo scioglie infiniti di cuori appesi all?Amore atteso. L?io concluso, di Sole e Luna, si ferma e si addormenta nel ventre pieno della grande clessidra, nuovi vuoti da colmare. Il tuo volto scompare sotto a peduncoli di cuscino amoroso come corolla di fiore, germoglio che rinasce. Sospesa da sola ti tieni, ed in silenzio ti allontani.
Il Labirinto (la Vita): la Scelta e il Fato
Non due, non tre, più teste albergano dentro alla mia testa, ognuna con un'intenzione di vita, ognuna con la sua legittima pretesa d'esistenza. E allora bramo. Di "qualcuno che mi ridia il mio pezzo di testa mancante, lo tengo qui nella mia mano, sanguina; qualcuno che mi restituisca la dignità dell'intero! Vi prego, liberatemi, staccate la mia testa dalle altre, io sono solo "uno"! Raccogliete una delle mannaie a terra, vi scongiuro, tagliate!"
Libris
Ascolto la parola che si libra virtuosa nell'aria e porgo l'orecchio silente alle pagine di libro mitico che mi parlano di armonie a me ignote. Resto immobile, non parlo, non faccio alcunché, semplicemente ascolto e godo l'espandersi dei miei pensieri.
Hermes/Athena
Hermes giovane, adulto e vecchio, espressioni mutevoli attorno al tempo dell'esistenza. Sulla bocca un bavaglio di vento celestiale. L'aura divina nasconde Athena affiorante dallo scudo a brandire la spada della guerra giusta. Incognita smorfia di rabbia e dolore.
La Volta Celeste
Cielo e terra capovolti, un mondo fantastico sottosopra mi copre con la protezione e l'arroganza di un ombrello.
Otto numeri, otto case del destino con le loro lanterne magiche occupano ciascuno uno spicchio di vela del possibile. Quale scegliere?
L'Appeso
Appeso a un filo di corda sottile di pensiero come linea del tempo interrotta. Al chiuso di questa scatola magica mi nutro di me stesso, attendo l'astro nascente e l'alba nuova del giorno che verrà. Nulla mi abbisogna, sono solo e in quiete, tutto il resto è fuori.
Conversazione Celeste
Arcadia mitica, conversazione celeste, castello di nuvole e angeli in consesso. E' Paradiso?
Aureole allineate come nastri di monete d?oro, in fila come grani di rosario. Nudi, alteri e molli, angeli.
La Nuvola Prigioniera
Sta, divincolandosi su una forma preordinata. Si contorce leggera in inarrendevole fatica, vibra prodigandosi in riflessi di colore e ritagli d'aria. Veste funi come morbide trecce di lunghi capelli. La sua voce chiede: "libertà!".